venerdì 1 maggio 2015

The truth is a cave in a black mountain/1

“I am not here asking for directions. I seek a guide. And two travel more safely than one.”

Sinceramente, non avrei mai creduto che essere il dito che indica la luna potesse essere una funzione che una frase in inglese avrebbe distrutto nei pochi secondi che occorrono per leggerla. Certo, sono in un tempo della mia vita in cui vado comprendendo sempre più come potrebbero esistere livelli di empatia più alti (forse sarebbe meglio dire più profondi) e che raggiungerli non significa necessariamente confondere ruoli e annacquare rapporti. Ma la potenza di questa frase è tale da smantellare una visione fondata sulla responsabilità del direttore/guida per lasciarne intravedere una che mette a fondamento la relazione tra i soggetti e l'obiettivo e il percorso. Alla fine, mi sembra che posso anche affermare, sulla base delle suggestioni di tale frase, come la Chiesa sia un esempio di relazione di popolo in cui tutti abbiamo la possibilità di trovare una guida che viaggia con noi, in quanto la meta è unica, chi l'ha già intravista può esserne testimone credibile continuando il suo cammino insieme agli altri che vogliono percorrerlo, scoprendo che il viaggio è più sicuro (safe), cioè dà salvezza, cioè è ben impostato e orientato, non se lo si affronta in modo autoreferenziale e da indipendenti, ma se lo si compie insieme.

Ci sarebbe, un giorno, da riflettere sui vari livelli dell'essere guida (fino a giungere al livello Magistero). 


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